Mari contro muri – Wu Ming 2, introduzione all’e-book Mari&Muri
I dieci racconti che state per leggere costituiscono ormai la terza antologia di “scrittura collettiva meticcia”, scaturita dall’incontro tra l’associazione Eks&Tra e l’Università di Bologna.
Come per le passate edizioni – Intrecci e Un passo dopo – anche questo Mari e muri nasce da un laboratorio di narrazioni e da un gruppo di studenti e lavoratori, italiani e stranieri, neofiti e “ripetenti” che per alcuni mesi si sono confrontati con l’obiettivo di scrivere insieme, di raccontare a più teste ma con una sola voce. Ognuno dei partecipanti ha contribuito al laboratorio segnalando un oggetto d’archivio – nell’accezione ampia che va dalla foto all’articolo di giornale, dal filmato di cronaca al frammento autobiografico catturato su un social network. Brandelli di storie ispirate al tema proposto, quello della migrazione e della sorveglianza, del nomadismo e del controllo. Bozzoli di racconto spesso appena accennati, potenziali farfalle nascoste nelle crisalidi di un quotidiano di provincia o di una schermata on line. Da lì siamo partiti, selezionando i documenti più interessanti e affidandoli alle cure di quattro o cinque cantastorie associati, con l’intento di trasformarli in oggetti narrativi, attraverso la pratica collettiva di una termodinamica della fantasia. Di questi trii, quartetti o quintetti, non tutti sono arrivati integri alla fine dell’esperienza, ma soltanto in un caso il racconto finale è stato affidato a una penna solista, segno che la scrittura collaborativa non è quella chimera irrealizzabile che popola il senso comune.
Come segnala Fulvio Pezzarossa nel suo intervento, al momento di decidere il titolo del laboratorio ci siamo affidati a un calembour piuttosto immediato, Mari e muri, avendo negli occhi le barriere navali che l’Europa tentava di erigere nel Mediterraneo. Oggi, con lo sguardo rivolto ai muri terrestri che nel frattempo si sono moltiplicati, il binomio che abbiamo scelto mi appare in un’altra luce. Non più il mare che diventa bastione, ma piuttosto l’impossibilità di quella metamorfosi. Come a dire che sul Pianeta Terra c’è pur sempre il mare, ci sono gli oceani, e nessun maleficio può tramutare in carcere il simbolo stesso del viaggio libero, della deriva e dell’esplorazione. Per quanti sforzi facciano, il progetto dei costruttori di muri è destinato a infrangersi, perché non c’è scogliera che il mare non inghiotta, non c’è fessura che l’acqua non sappia infiltrare.
Condividi: