Esercizi di Martina Daraio
Scrivere incipit e fine del racconto (F.Kafka “La partenza”)
Il suono della guerra
Stavo bevendo un punch nello studio quel giorno, fuori pioveva a dirotto. Le gocce picchiavano violente sui vetri delle finestre producendo un suono sordo e martellante che mi fece pensare alla guerra. Le truppe austriache si stavano avvicinando, presto sarebbero entrate in città ed io provai un’improvvisa paura di morire.
Di colpo pensai a mio padre: nell’ultima futile discussione ero stato troppo severo con lui, non c’era motivo di essere così aggressivo con un povero vecchio morente.
Quel senso di precarietà che solo un inverno di guerra può dare, mi convinse a tornare a trovarlo. Così dissi al servo che sarei uscito di lì a poco e ordinai di preparare il cavallo. Ma il servo non mi comprese. Andai io stesso nella stalla, sellai il cavallo e montai in groppa. Udii sonare una tromba in lontananza e domandai al servo che cosa significasse. Egli non lo sapeva e non aveva udito niente. Presso il portone mi trattenne e chiese: “Dove vai, signore?
Non gli risposi, ero troppo confuso e spaventato. Iniziai a cavalcare e per un attimo il passo ritmico e continuo del cavallo mi rasserenò. Ma fu un attimo, poi sentii la mantella bagnata pesarmi sulle spalle, sentii la pelle farsi umida come la terra.
La strada era breve e tante volte nel corso della mia vita l’avevo percorsa. Mai come quella sera però, le solide querce che la incorniciavano erano scure e inquietanti, producevano un fruscio continuo, penetrante, uno sfrigolio di rami secchi.
Arrivai a casa di mio padre che era già buio. Mentre legavo il cavallo risentii il suono di tromba, sta volta più forte, molto più forte. Poi un tuono. Mi si gelò il sangue, “la guerra è vicina” pensai, “come farò a fuggire in tempo con mio padre malato?” Ebbi una fitta allo stomaco e, prima ancora di capirne il motivo, provai un forte senso di colpa.
Salendo le scale nere e mute provavo ad immaginare cosa avrei potuto dire entrando nella camera da letto. Con lo sguardo cercai la serva, poi la chiamai, ma la casa era deserta: erano già fuggiti tutti.
Nel suo letto mio padre dormiva, respirando il freddo a grandi boccate. Rimasi qualche minuto lì, immobile sulla soglia a fissarlo, poi udii un altro suono di tromba, e scappai in silenzio.
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